sabato 27 agosto 2016

Dai Big Data al Deep Web

Uno sguardo appena fuori dalla finestra. Il sole d’agosto spezza l’acqua di un mare decisamente troppo provocante, l’insenatura che ci abbraccia restituisce all’occhio il riflesso incauto della sabbia. Scintille di luce estiva che penetrano nell’iride e originano in un uditorio serio ma pur sempre giovane, un comprensibilissimo desiderio di spiaggia, ma soprattutto un’intuizione. Antica quanto l’uomo, uno strano accordo tra occhio e mente che è il segreto del pensiero, ed in particolare del pensiero greco, una dinamica elementare e spontanea che è la sua fonte e la sua anima , il bisogno  di scorgere quell’oltre che il mondo, nella sua manifestazione immediata ed eternamente contingente, conserva.


Il fine ultimo

E’ l’incanto del mondo. Cosí lo definisce padre Paolo Benanti, appuntamento fisso ma mai ripetitivo delle Summer School, che apre il suo intervento ripercorrendo a grandi falcate le tappe principiali di quell’avventura sempre in atto che è la storia del pensiero, della relazione dell’uomo di ogni epoca con se stesso ed i suoi simili, con il mondo e le cose, con il tempo e lo spazio. La domanda di senso che origina dall’incanto del mondo si manifesta nel pensiero greco sotto forma di domanda “teleologica”,  ricerca del senso ultimo, della direzione originaria, della “vocazione” autentica di tutti quei singoli  tasselli che compongono finalmente il mosaico ordinato del Kosmos.  

La modernità

L’atteggiamento teleologico, cifra della modalità di pensiero caratteristica dell’occidente greco, cede il passo nella modernitá ad una visione sperimentale e “scientifica” del cosmo e del reale in genere, e fa della relazione con il mondo una ricerca razionale che in modo spregiudicato pretende di carpire la struttura intima della realtá, anche a costo di ridurla al solo visibile, a cio´’ che è essenzialmente “misurabile”. Cosí l’esperienza dello spazio non piú inteso in senso qualitativo ma quantitativo. La musica, con la nascita dello spartito, la matematica, con l’introduzione del sistema decimale arabo strutturato sullo zero.

La pantometria dell’epoca moderna ci offre forse la sua espressione piú compiuta nell’elemento iconico dell’orologio meccanico, del tempo che soggiace alle esigenze geometriche di infaticabili misuratori pre e post-newtoniani, un tempo senza grazia e senza eventi che non racconta piu´lo sfondo spirituale dell’esistenza del singolo e della comunitá, nè restituisce abiti e costumi di una determinata porzione di umanita´ che abita in un contesto definito, ma è ora una struttura compatta e omologante, una casa ordinata dove tutti possono e devono abitare. Conoscere è potere. Chi sa, sa usare e piegare la realtá ai propri scopi, definiti ora con legittimo relativo arbitrio.

Arrivederci Newton

Ma dopo il passaggio dall’incanto teleologico al disincanto geometrico ecco che Benanti ci accompagna con leggerezza a fare un altro scatto in avanti, portandoci nel cuore della rivoluzione post-scientista del novecento. Questa terza fase trova una sintesi paradigmatica in Goedel, la radice inquieta della crisi della scienza cartesiana, ma si palesa in fondo in mille irreversibili crepe che sfondano dall’interno la struttura rigida del sapere scientifico moderno. La crisi della geometria euclidea, con buona pace di Newton, e fino agli sviluppi einsteniani della fisica per cui la scienza e´costretta a ripensare se stessa riconoscendosi infine come nient’altro che (si fa per dire) una struttura matematica che approssima la realtà in un suo contesto.

L’ultimo passaggio di questo breve ma intenso excursus, consiste nell’esigenza di spiegare la realtá “secondo le categorie di complessità ed esigenza”, ovvero, del come si ragiona ai giorni nostri. Dal disincanto geometrico al mondo dei dati o meglio alla “Big Data Society”. A questo punto è opportuno essere sinceri e riconoscere umilmente che nonostante l’ironia di Benanti, il suo linguaggio fluido e scorrevole, che testimonia la sua padronanza assoluta dei temi in questione, l’uditorio, piú o meno in generale ha palesato meraviglia e molto poco dissimulata ammirazione per la lucidita’ delle analisi e l’acrobatismo intellettuale che coniuga un sapere scientifico solido con una sensibilitá filosofica(nel senso greco del termine) che, come il giá citato sguardo fuori dalla finestra, non puó non incantare, perché ci riporta a quell’oltre che permea e e circonda il nostro intorno ma resta comunque (esattamente come funziona in metafisica) sotto la soglia della nostra percezione immediata. La varietà dei dati che forniscono le informazioni sulla realtà  e´ oggi l’elemento che davvero in modo irreversibile trasforma con la realtá la realtá stessa. La datificazione totale del reale è l’approccio peculiare del nostro tempo al reale stesso. 

Tutto conta

Il potere demiurgico della statistica e della raccolta delle informazioni che Benanti descrive muovendosi con agilitá sui livelli  tra loro apparentemente piú slegati del reale, implica delle conseguenze filosofiche che inquietano le coscienze e costringono alla riflessione. Con esempi molto stringenti estrapolati dalla sua esperienza sul campo , Benanti narra i drammi, i dilemmi e le possibilitá inedite che comporta il controllo della realta senza alcun accesso alla causalitá. Questo nell’ambito della medicina e delle neuroscienze ha implicazioni di una portata  evidentemente enorme. Il discorso tocca l’economia principalmente nelle tre dimensioni del: il denaro, della produzione dei beni, la finanza.

Dentro il profondo web

In ultima battuta un’affascinante, inquietante ma anche prudente (caritá del pastore e buon senso del docente) viaggio nel lato oscuro della rete. Il potere dell’informazione che si trasforma in capacitá di manipolazione, perfezionamento dell’architettura sociale e celebra un felice connubio con il superamento tecnologico  delle umane imperfezioni e limitazioni trasporta il presente in un’era nuova che è quella del post-umano.

Ma qui dove tutto è informazione, chiuderebbe il nostro Benanti : “L’informazione che cos’è?”


Simone Tropea

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