Uno sguardo appena fuori dalla finestra. Il sole d’agosto
spezza l’acqua di un mare decisamente troppo provocante, l’insenatura che ci
abbraccia restituisce all’occhio il riflesso incauto della sabbia. Scintille di
luce estiva che penetrano nell’iride e originano in un uditorio serio ma pur
sempre giovane, un comprensibilissimo desiderio di spiaggia, ma soprattutto un’intuizione.
Antica quanto l’uomo, uno strano accordo tra occhio e mente che è il segreto
del pensiero, ed in particolare del pensiero greco, una dinamica elementare e
spontanea che è la sua fonte e la sua anima , il bisogno di scorgere quell’oltre che il mondo, nella
sua manifestazione immediata ed eternamente contingente, conserva.
Il fine ultimo
E’ l’incanto
del mondo. Cosí lo definisce padre Paolo Benanti, appuntamento fisso ma mai
ripetitivo delle Summer School, che apre il suo intervento ripercorrendo a
grandi falcate le tappe principiali di quell’avventura sempre in atto che è la
storia del pensiero, della relazione dell’uomo di ogni epoca con se stesso ed i
suoi simili, con il mondo e le cose, con il tempo e lo spazio. La domanda di senso che origina dall’incanto del mondo si
manifesta nel pensiero greco sotto forma di domanda “teleologica”, ricerca del senso ultimo, della direzione
originaria, della “vocazione” autentica di tutti quei singoli tasselli che compongono finalmente il mosaico
ordinato del Kosmos.
La modernità
L’atteggiamento
teleologico, cifra della modalità di pensiero caratteristica dell’occidente
greco, cede il passo nella modernitá ad una visione sperimentale e
“scientifica” del cosmo e del reale in genere, e fa della relazione con il
mondo una ricerca razionale che in modo spregiudicato pretende di carpire la
struttura intima della realtá, anche a costo di ridurla al solo visibile, a
cio´’ che è essenzialmente “misurabile”. Cosí l’esperienza dello spazio non piú
inteso in senso qualitativo ma quantitativo. La musica, con la nascita dello
spartito, la matematica, con l’introduzione del sistema decimale arabo
strutturato sullo zero.
La pantometria dell’epoca moderna ci offre forse la sua
espressione piú compiuta nell’elemento iconico dell’orologio meccanico, del
tempo che soggiace alle esigenze geometriche di infaticabili misuratori pre e
post-newtoniani, un tempo senza grazia e senza eventi che non racconta piu´lo
sfondo spirituale dell’esistenza del singolo e della comunitá, nè restituisce
abiti e costumi di una determinata porzione di umanita´ che abita in un contesto
definito, ma è ora una struttura compatta e omologante, una casa ordinata dove
tutti possono e devono abitare. Conoscere è potere. Chi sa, sa usare e piegare
la realtá ai propri scopi, definiti ora con legittimo relativo arbitrio.
Arrivederci Newton
Ma dopo il passaggio dall’incanto teleologico al disincanto
geometrico ecco che Benanti ci accompagna con leggerezza a fare un altro scatto
in avanti, portandoci nel cuore della rivoluzione post-scientista del
novecento. Questa terza fase trova una sintesi paradigmatica in Goedel, la
radice inquieta della crisi della scienza cartesiana, ma si palesa in fondo in
mille irreversibili crepe che sfondano dall’interno la struttura rigida del
sapere scientifico moderno. La crisi della geometria euclidea, con buona pace
di Newton, e fino agli sviluppi einsteniani della fisica per cui la scienza
e´costretta a ripensare se stessa riconoscendosi infine come nient’altro che
(si fa per dire) una struttura matematica che approssima la realtà in un suo contesto.
L’ultimo passaggio di questo breve ma intenso excursus, consiste
nell’esigenza di spiegare la realtá “secondo le categorie di complessità ed
esigenza”, ovvero, del come si ragiona ai giorni nostri. Dal disincanto geometrico
al mondo dei dati o meglio alla “Big Data Society”. A questo punto è opportuno
essere sinceri e riconoscere umilmente che nonostante l’ironia di Benanti, il
suo linguaggio fluido e scorrevole, che testimonia la sua padronanza assoluta
dei temi in questione, l’uditorio, piú o meno in generale ha palesato
meraviglia e molto poco dissimulata ammirazione per la lucidita’ delle analisi
e l’acrobatismo intellettuale che coniuga un sapere scientifico solido con una
sensibilitá filosofica(nel senso greco del termine) che, come il giá citato sguardo
fuori dalla finestra, non puó non incantare, perché ci riporta a quell’oltre
che permea e e circonda il nostro intorno ma resta comunque (esattamente come
funziona in metafisica) sotto la soglia della nostra percezione immediata. La
varietà dei dati che forniscono le informazioni sulla realtà e´ oggi l’elemento che davvero in modo
irreversibile trasforma con la realtá la realtá stessa. La datificazione totale
del reale è l’approccio peculiare del nostro tempo al reale stesso.
Tutto conta
Il potere
demiurgico della statistica e della raccolta delle informazioni che Benanti
descrive muovendosi con agilitá sui livelli
tra loro apparentemente piú slegati del reale, implica delle conseguenze
filosofiche che inquietano le coscienze e costringono alla riflessione. Con
esempi molto stringenti estrapolati dalla sua esperienza sul campo , Benanti
narra i drammi, i dilemmi e le possibilitá inedite che comporta il controllo
della realta senza alcun accesso alla causalitá. Questo nell’ambito della medicina
e delle neuroscienze ha implicazioni di una portata evidentemente enorme. Il discorso tocca
l’economia principalmente nelle tre dimensioni del: il denaro, della produzione
dei beni, la finanza.
Dentro il profondo web
In ultima battuta un’affascinante, inquietante ma anche
prudente (caritá del pastore e buon senso del docente) viaggio nel lato oscuro
della rete. Il potere dell’informazione che si trasforma in capacitá di
manipolazione, perfezionamento dell’architettura sociale e celebra un felice
connubio con il superamento tecnologico delle
umane imperfezioni e limitazioni trasporta il presente in un’era nuova che è
quella del post-umano.
Ma qui dove tutto è informazione, chiuderebbe il nostro
Benanti : “L’informazione che cos’è?”
Simone Tropea
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